Donatella Bassanesi, Hanna Arendt pensare il presente

di Adriana Perrotta Rabissi


Hanna Arendt

Non sono una filosofa, quindi espliciterò subito le due direttrici della breve riflessione sul libro di Donatella che vorrei condividere con voi, direttrici che sono ovviamente collegate ma che distinguo ora per comodità di analisi, ma  procederò intrecciando le due dimensioni:

1- una donna indaga la vita e il pensiero di un’altra donna:quali forme di interrogazione attua una donna che ne indaga un’altra a partire dal comune essere sessuato? Quali zone sensibili va e esplorare? Quale sguardo adotta consapevolmente, quali attenzioni presta, quali rischi deve evitare, naturalmente in questa sede io non darò risposte, pongo solo le domande, ma credo che chi leggerà questo libro troverà delle risposte.

2 – la scrittura di Donatella: lo stile espositivo scelto è quello di un  “dialogo” tra la sua scrittura e quella di Hanna, quasi specchio contro specchio, che chiama in causa la categoria del doppio: proprio durante la lezione di un Corso, tenuto quest’anno da Donatella all’Università delle Donne, si è osservato come la figura del “doppio” riguardi di solito, nell’arte e nel mito, gli uomini, in questo caso, e nel campo filosofico, riguarda due donne; o meglio ancora, il suo libro potrebbe definirsi secondo me partitura a due voci, e vedremo in seguito l’originalità dell’operazione di intreccio .

In questo momento poi, io sono il terzo soggetto di interpretazione, la mia è come un’interpretazione al quadrato, che vorrebbe rendere conto delle scritture di altre due donne.

Per adeguarmi allo stile di scrittura di Donatella, che coglie come elemento fondante del pensiero di Arendt la non sistematicità programmatica (nell’intento di seminare semi per sollecitare a pensare, piuttosto che affermare verità inoppugnabili) e ne fa  il filo conduttore della propria narrazione filosofica, mi esprimerò in maniera frammentaria, per linee che si spezzano e si intersecano, come scrive Donatella, riproducendo l’andamento del pensiero, procedendo piuttosto per  suggestioni che per osservazioni.

La mia riflessione parte dall’aspetto“inevitabilmente autobiografico” (P. Melchiori)  di ogni biografia, non a caso  il testo di Arendt su Rahel Varnhagen fu scritto quando la filosofa aveva tra i 25 e i 30 anni, anche se pubblicato una ventina d’anni dopo. Francoise Collin ha effettuato una lettura di  questo testo si è chiesta se fosse in qualche misura autobiografico: “ S’identifica in qualche modo la giovane Arendt con questo personaggio di cui un giorno dirà che è stato, al di là degli anni, la sua amica più prossima?”

Proprio la dimensione narrativa, la dimensione del racconto è una dimensione abituale di Arendt, che, amava raccontare storie, si è parlato a questo proposito della sua ebraicità per la quale il libro è un racconto e al contempo del suo “senso del racconto”in relazione al pensiero greco.

Anche lo stile di Donatella  mi sembra piuttosto narrativo,
ed è questa la prima domanda che vorrei rivolgerle, non solo ovviamente nella prima parte del libro (biografia) ma anche nelle altre due,  che sono rigorosamente di analisi filosofica.

Che cosa altro sono l’alternarsi di riflessioni sue integrate con  le citazioni di Arendt se non un racconto a due voci? 

Inevitabile a questo punto qui richiamare la modalità del racconto come privilegiata nello scambio di idee ed esperienze  tra donne, rispetto ad una modalità  “maschile” che ricorre piuttosto, nel campo del pensiero, ad un serrato confronto di idee sul piano astratto: Essendo rapporto con sé, il pensiero è favorito dalla solitudine (p. 36)

Indagare il pensiero e la vita di una donna significa per un soggetto femminile fare i conti con un particolare coinvolgimento nello spazio dell’interpretazione.

Conosciamo l’importanza crescente assunta dalla figura della lettrice di poesia, narrativa, storia, filosofia…ad opera di donne,  nel corso degli ultimi 30 anni del secolo scorso, quando l’indagine diventò progetto collettivo, rispetto all’azione individuale fino ad allora condotta da singole studiose.

La necessità di disordinare un simbolico e un immaginario a dominanza maschili, anche se presentati come universali e neutri, comportava il bisogno di ricercare nell’esperienza di pensiero e di vita di altre donne, del presente e del passato, tracce per cominciare a costruire un simbolico e un immaginario inediti rispetto all’ordine dominante del discorso.

Il nodo fondamentale apparve da subito riuscire a condurre l’ indagine in modo non neutro, evitando da un lato di  leggere vita e pensiero solo all’interno delle categorie esplicative ufficiali, apparentemente universali, in realtà interne all’ordine dominante del discorso e del simbolico maschile che lo  ispira; dall’altro però evitando anche il rischio di un’adesione empatica, ostacolo ad un’azione reale di comprensione, vizio di posizione tendente ad alimentare lo stereotipo di un femminile indifferenziato, avvolgente e coinvolgente tutte le donne.

Non a caso Donatella apre il suo libro con un capitolo sull’interpretazione e la distanza che le è necessaria, mutuandola dalle parole di Arendt.

Inizio ora con la prima suggestione:  il titolo scelto da Donatella “pensare il presente” mi risuona familiare, in un campo mio di ricerca  diverso da quello filosofico: quello della scrittura narrativa delle donne, che in molti casi denota una particolare struttura temporale, meno orientata al futuro, ma piuttosto al presente, in un intreccio con il passato e il futuro che determina un andamento a spirale del racconto,  che, non concludendosi definitivamente ma ritornando, riapre ad altre possibilità, ad un altro ordine di rapporti possibili, il che sovente  disorienta e  "risucchia " in un altrove, il luogo del sogno e della fiaba, un nome per tutte Ortese.

Così le citazioni di Arendt ritornano più volte nella narrazione di Donatella, ogni volta in un contesto di poco differente, ad aprire nuove prospettive di indagine, anche qui un andamento a spirale, che apre e non chiude il cerchio. Come nella scrittura di Arendt Donatella procede per ripetizioni e spiazzamenti.

Stile narrativo e, data la forma scelta di intreccio di pensiero e parole di entrambe, secondo le modalità arendtiane di scambio appunto di pensieri e parole,  stile dialogico.
Dal momento che si può comprendere solo in dialogo con altri, preferibilmente, ma anche con i vari sé, che costituiscono la complessità di ogni persona.

Altra suggestione per me: il discorso di Bachtin, che quasi negli stessi anni di Arendt, dal profondo del suo esilio in Kazachstan elabora la sua teoria del dialogo, funzionale ad una vera conoscenza, con la metafora dei due uomini che si parlano l’uno di fronte all’altro (necessità del doppio movimento di immersione empatica ed emersione nell’extralocalità).

Ancora un suggestione che ho colto nel libro di Donatella: i concetti arendtiani di singolarità contrapposti a individualità  e di pluralità contrapposto a totalitarismo.

Come sappiamo per Arendt il termine individuo denota una parte di un tutto, omogeneo agli altri e intercambiabile, mentre il singolo è una persona colta nella sua eterogeneità e in rapporto con la pluralità di più singoli, uno di molti, e non parte di un tutto onnivoro.

Come non pensare all’attuale dramma dei nostri giorni e del nostro mondo, caratterizzato dalla tensione ad un universalismo omologante, che scatena conflitti identitari, di identità culturali, sociali, politiche e, più pericolose di tutte, religiose (perché è un Dio che detta): Società di massa e evento totalitario (p. 56-57).

Un ultima suggestione: ho enunciato all’inizio il mio campo di indagine, ora leggendo queste parole di Arendt – Donatella mi sono venute  in mente le riflessioni  del poeta nella fase iniziale di questo processo, agli inizi dell’Ottocento, che prefigurava i mali che avrebbe procurato all’umanità un disegno socio-politico più attento alla massificazione di bisogni e comportamenti, che non alle differenze tra persone, pur  presentandosi incontestabilmente sotto l’aspetto del progresso civile.

Intervento tenutosi in occasione della Tavola rotonda di presentazione del libro
Donatella Bassanesi,
Anna Arendt. Pensare il presente
edizioni LUD, Milano 2006

Per richiedere il libro:
universitadelledonne@tin.it


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14-05-07